Dopo quasi un mese e mezzo di assenza, eccomi nuovamente a scrivere per il blog.
Il motivo del silenzio è che in queste settimane sono stato alle prese con le ultime letture delle bozze di un nuovo libro che dovrebbe andare in stampa nei prossimi mesi. E chi mi conosce sa quanto sia per me una fase difficoltosa, complessa, faticosa. E che, soprattutto, mi rende impossibile pensare o focalizzarmi su altro.
Per questo ho deciso di rimandare gli articoli che avevo programmato, per potermici dedicare con la dovuta calma e attenzione.
Probabilmente è qualcosa di analogo alla “sindrome da ultimo chilometro”: hai fatto un sacco di strada, te la sei anche goduta, ma proprio quando stai per arrivare vengono meno lucidità e visione, e vedi soltanto il miraggio del traguardo. Ma intanto devi rilegger-ti, riprendere continuamente il filo di quello che hai scritto. Un filo che sembrava così chiaro e nitido fino a poco tempo prima, e che ora ti appare frastagliato, confuso, sbiadito. E così ti viene da rimettere in dubbio l’impianto, la struttura, lo stile… I passaggi più semplici ti sembrano vuoti, quelli più complessi troppo arditi.
Per un anno hai lavorato con passione e ardore al nuovo progetto, l’hai pensato, concepito (nel senso anche del partorire) e sviluppato, l’hai sentito così tuo da viverci dentro per un tempo significativo. Poi arrivi alla stesura finale, sei stanco ma soddisfatto. L’idea iniziale è cresciuta dentro di te e sotto i tuoi polpastrelli, ha preso forma e vita al di là di ogni progetto definito.
Fino a questo punto, uno scrittore da bottega, un artigiano della scrittura come me prova immenso gusto e piacere nelle varie fasi di lavorazione. È grato alle idee che occupano costantemente la sua mente e alla creatività nel metterle insieme. Come un falegname che ha realizzato l’armadio o il tavolo che aveva progettato, nella fertile solitudine del suo laboratorio, e che è giunto agli ultimi intagli, ai ritocchi finali, alle puntellature.
Quando però arriva il momento di rileggere le ultime bozze, ecco la sensazione di fastidio montare. Ecco l’insoddisfazione prorompere, spesso senza logica e senza motivo. Il che la rende ancora più gravosa. Una pena soffoca gli ultimi giorni prima della consegna. Eppure devi farlo, spetta a te, è l’ultimo chilometro. Ma guardarti indietro non ti serve a nulla, anzi. Aumenta la fatica delle ultime pedalate.
Chissà se capita così spesso anche ad altri autori. A me finora è sempre successo ad ogni fine libro, e per questo mi è venuto spontaneo scriverne subito a fresco, in questo “instant-content”, prima di riprendere a pubblicare nuovi contenuti e articoli nelle prossime settimane.
Forse, il vero motivo è che non vorresti staccarti da quel progetto: perché starci dentro e abitarlo ti ha fatto evolvere, riflettere, rielaborare visioni delle cose, e in fondo il prodotto finale non è che una importante ma per certi versi minima parte del lavoro che l’ha generato. E tu a quel lavoro sei e sei stato legato, ti ci sei identificato, non ci hai dormito notti, non l’hai abbandonato per altro, l’hai coltivato con pazienza e cura come una pianta o un giardino.
L’altra faccia della medaglia di questo disagio da fine libro, tuttavia, è che sei già proiettato oltre, verso nuove idee e progetti. E dunque paradossalmente restare bloccato e ancorato per settimane a quella lavorazione ti pesa, perché vorresti già salpare altrove.
La cosa curiosa che mi è sempre successa finora, e con cui concludo questa farneticante confessione, è che proprio la lavorazione di un testo ha sempre prodotto come da sé i semi da cui è maturato quello successivo. Come in uno strano rapporto di filiazione spontanea.
Chissà se sarà così anche questa volta… Nel frattempo, non mi resta che attendere e scoprire cosa nascerà.